sabato 16 giugno 2012

...Lasciarsi addomesticare


                                                                          Capovaticano, 2011




Venerdì sono stata ad una cena per festeggiare due amici appena sposati.
Leggendo il biglietto di auguri mi sono commossa: parlava di azioni, di decisioni che tutti si aspettano, prima o poi. E della commozione sincera, inaspettata, piena, che ti invade quando chi ti sta accanto ha il coraggio di fare un passo importante, senza il bisogno del lasciapassare di nessuno.

Uscire allo scoperto da se stessi, lasciarsi capire, lasciarsi guardare, nella propria difficile vita interiore.
Lasciarsi sbirciare nello sgabuzzino oscuro dei nostri caratteri.
Persone come segni, doni…Oppure scelte? Mosse di un gioco del destino, del fato.
Provvidenza, o disegno di Dio.

Ho riaperto un libro per bambini oggi: parla di una volpe, dell’addomesticarsi, di sentimenti impalpabili come un cielo stellato, magnetici come un’ attrazione a distanza.

“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente.
Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi.
Perché è lei che ho innaffiata, è lei che ho messa sotto la campana di vetro (…), è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.[1]"

Quando ho letto il Piccolo Principe a dodici anni mi è sembrato noioso.
Adesso, forse, sto cominciando a capirci qualcosa.




[1] Antoine de Saint Exupery, Le Petit Prince, Ed. Gallimard, pg 72.

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