Napoli, 2012
Di giorno è quasi anonima: rischia di passare inosservata,
per meglio sbirciarci dalle finestre socchiuse dei suoi palazzi malandati, che
sogghignano dall’alto agli affaticati turisti, tra la puntata di una telenovela
ed l’ultima edizione di un tg. Nascosta tra le opere di santi e artisti, come
si chiama davvero questa piazza non so: si accontenta dell’appellativo di
“Largo”, prendendo il prestito il nome dal Kestè[1]. La sua
anima si perde (o si ritrova) tra musica, bancarelle e artisti di strada, che
la rendono viva alla luce dei lampioni.
Si passeggia, nella notte, inciampando in un obelisco,
perdendosi nel bugnato della Chiesa del Gesù, lasciandosi rischiarare dai
riflessi argentei sognanti del Monastero di santa Chiara. Pochi metri più in là
la luce brilla nella vetrina di Gay-Odin, storica gelateria napoletana (aperta
fino alle 23.45 nel weekend). Cioccolato al rhum, alla scorzetta d’arancia,
alle fave di cacao, frutti di bosco e zenzero, yoghurt con albicocche e noci,
mandorle tostate e caramello, crema di casa, latte zucchero e cannella,
cremino, ricotta e pere…La nostra fontanella di fiducia dopo una cialda da tre
gusti, più panna.
Dopo il nostro peccato di gola quotidiano, ci si lascia
guidare dalla musica, o si segue il filo di Arianna dei tanti colorati,
irriverenti, enigmatici murales seminascosti agli angoli delle strade. Caffè
letterari, friggitorie veraci, baretti informali: perdersi tra i vicoli, per
arrivare, finalmente, alla meta… La musica di Piazza Bellini ci cullerà per un
po’, lasciando spazio prima ai pensieri, poi a confidenze notturne (al buio, si
sa, aprire il cuore è più semplice…), infine ci prenderà per mano,
sussurrandoci, a bassa voce: “Ora è tardi, torna a casa: i tuoi sogni ti
aspettano…”
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