Roma, piazza Navona
E poi torni, cambiato.
Occhi diversi, diversi giudizi, diverse emozioni, un diverso
sguardo: hai imparato ad accogliere, diversamente. Tutto ormai nuovo, anche se
mai cambiato: indistruttibile come un ricordo e accogliente come un abbraccio.
Piazza Navona sempre la stessa: stesso sorriso profondo di gialli
palloncini su uno cielo rosa di sera, stessa gioia arrivando a casa,
ridefinendo casa.
La cena di Natale e i discorsi di fronte al caminetto, le
riflessioni sui massimi sistemi davanti ad una cioccolata inzuppata di “brutti
ma buoni”, l’internazionale finalmente di carta e la gioia di ritagliare
l’oroscopo, ritrovare il mio lago camminando lentamente in un giardino ormai quasi
segreto. Un incontro inaspettato e il sapore d’inverno sull’Arno, cantucci e alberi
di Natale.
“Per due soldi un
topolino mio padre comprò”: accento toscano e grezzezza romana.
Regali piccoli come un pensiero e importanti come l’affetto
di chi ti conosce davvero, amici che aspettano, ricorrono, accolgono, a metà
strada, per venirti incontro.
Amici che ascoltano e si preoccupano, leggendo sotto le
preoccupazioni futili e le fragili garanzie sufficienti ai più.
Amici che ritornano, da tanto lontano o da dietro l’angolo,
chissà perché.
“Per fare il frutto ci vuole il seme”. La bambina interrompe
la sua canzone: stiamo per arrivare.
Oltreoceano, aspettando la primavera, con una valigia carica
di momenti felici per illuminare l’inverno.