Cosa mi resterà di questa vacanza?
In India ho lasciato il cuore, o meglio, il mio cuore di
allora.
Il viaggio nel Sud Est asiatico, invece, è stata
un’esperienza “conclusa”, dalla quale sono stata felice di tornare, e che mi ha
fatto bene condividere con due amici.
“Non devo più preoccuparmi di controllare passaporto, carte
di credito e computer”, mi sono detta mettendo piede in Italia. E per riguardare
le immagini della prigione dei Kmer Rossi avrò bisogno di tempo.
Ho sentito la complessità di questo viaggio, del toccare una
superficie scivolosa, dell’addentrarsi nel limbo di una storia troppo recente
perché si possa arrivare a verità. Nei killing
fields vicino Phnom Penh ho avvertito il magone, la rabbia, la voglia di
girarmi da un’altra parte. Ho visto e
ascoltato senza una parola, sotto la pioggia, senza una lacrima. Uscita
fuori l’autista del tuc tuc mi ha offerto una birra: ha detto che ne avevo
bisogno.
Non bevo mai birra: quel giorno ho finito una Angkor Beer in
due minuti.
Ho sentito le contraddizioni taglienti delle colline
verdissime del Laos, chiedendomi se fossi finita nell’isola che non c’è. Poi ho
aperto gli occhi e ho letto gli articoli su Vang Vieng, paradiso del
divertimento nel nord del paese, dove ventenni occidentali dimenticano la via
di casa perdendosi tra droghe a basso prezzo e discese ubriache sulle rapide di
un fiume.
Mi sono lasciata ammaliare dalle lanterne di Hoi An, dal
ponte cinese, dalla magia delle piccole stradine strette, ma ho storto il naso
di fronte alle decine di pizzerie e gelaterie che soddisfano i turisti (me
compresa, devo ammettere) rompendo la magia. Sono rimasta delusa da Hanoi e
ancor più da Ho Chi Minh City: mi aspettavo il fascino di Saigon, basse case di
legno e mercati colorati: ho trovato grattacieli, motorini, centri commerciali
e smog.
Ho trovato il presente di una società che cambia. Come tutti
noi, come tutto il nostro mondo.
E che come noi non ha poi tanta voglia di restare ancorata
al passato, tranne quando non riesce a trasformarlo in una calamita per
turisti.
Ho riletto una frase di Sepúlveda ieri sera.
E stavolta l’ho capita davvero.
“Camino y hablo. Camino por
París y hablo con mis amigos de Madrid, sentado en mi cuarto hamburgueño. Hay
que renunciar a los territorios físicos y habitar el territorio de la
imaginación.”
Luis
Sepúlveda, Desencuentros
"Bisogna spezzare i legami dell'io, sollevare lo sguardo e rivolgerlo in avanti, guardare la natura che ci circonda e vederla come una corrente continua di realtà magica"
RispondiEliminaJ.Gaarder, Maya
Mariachiara