Lucciole in giardino, e girasoli sul terrazzo, un paio di orecchini ad
aspettarmi in stanza, regalo del padrone di casa, dal New Mexico.
Piove spesso a Washington in questi giorni: inizia col sereno e, d’improvviso,
ti ritrovi a correre al riparo, incredula, pensando che salteranno i tuoi
progetti di una passeggiata in serata. E, of course, ti disperi.
E invece no, invece poi torna il sereno, inaspettatamente.
Ho giocato a fare l’attrice ultimamente, ho accettato critiche (o
almeno ci ho provato), ho messo in discussione un paio di pilastri
apparentemente intoccabili e alla prova la mia capacità di scendere a
compromessi.
Con la dolcezza di un bambino e la forza di un gigante.
Continuando a seguire le mie convinzioni nelle sabbie mobili dei mille punti di vista e nel confuso mix di
sfumature della vita. Strade diverse per raggiungere gli stessi obiettivi, provando a non lasciare che sia turbato il proprio cuore.
Con la mia casa ormai in nessuno o in tutti i luoghi, o semplicemente, dov è il
mio cuore, saltando da una vita all’altra, con la mia mappa sottobraccio e il mio zaino in spalla.
“Respira, e aspetta, e aspetta ancora. E ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla alzati, e va dove lui ti porta”[1].
ù
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