Città della metro rapida e costosa, degli young professionals e degli happy hours, della competizione accanita e dei bar afroamericani con musica reggae e narghilè. Città della Casa Bianca e dei centri di potere, dei bar gay e dei locali trendy, dei caffè simil bohemien e dei second-hand stores. La Washington di Adams Morgan e della sua musica fino al mattino, del Diner e del Coupe e dei loro tavolini all’aperto, di Perry’s e della sua terrazza sulla città, soffici luci di Natale in un tramonto d’estate. Washington della Howard University e delle sue guglie bianche sul Caribe, delle feste latinoamericane di Mezze, dei BBQ a Georgetown e dei Ladies Nights al Centro de F.
Città di transizione e di scelte di vita, di conoscenze superficiali e indimenticabili compagni di viaggi, di chi balla a notte fonda per strapparti un bacio e di chi riaccompagna a casa in silenzio, ascoltando un arrivederci.
Venerdì di jazz in the garden, due sangrie, uva e formaggio, scampagnata con gli amici per inaugurare il finesettimana. Un giro in libreria per il viaggio a San Francisco, pennichella a casa e a mezzanotte di nuovo fuori, con una polacca, un brasiliano, un russo e un’italiana: racconti stranieri fino alle tre. E ieri la GMG sentita da lontano, in un monastero fuori città, per esserci, almeno con cuore: candele accese in una grotta e tanti, tanti ricordi. Oggi lo zoo con la mia coinquilina, e una passeggiata nel parco, conclusa parlando di libri, chissà perchè…