Quasi maggio: un vento gelido passa irrequieto tra le maglie del ponte di Brooklyn.
New York ti prende l anima, la maltratta accogliendoti meretrice, fino a spezzarla per poi ricomporla a suo modo, frammentata in mille quartieri.
Da Brooklyn a Manhattan, sul ponte sole in faccia e musica forte, per scacciare i pensieri. Su fino alla 60th, rincorrendo Central Park, sognando a occhi chiusi, sotto un calore che ancora non c è. New york come un rifugio per senza dimora, specchiati nelle vetrine della 5th, e poi nascosti nei negozi di seconda mano di Bedford Avenue, e poi persi in un bar clandestino del Lower East Side.
Che a New York nessuno e solo, o forse, in fondo in fondo, tutti lo sono.
Immersi nei ricordi, in altre sensazioni, a parlare col passato per scoprire quanto cambiati siano i nostri occhi: rimpianti e rimorsi, ancora una volta.
Come sei anni fa, sul Williamsburg Bridge.
Col vento freddo e il mio inseparabile ipad, ho guardato l' America e i miei nuovi orizzonti, soprattutto interiori.
Che poi, alla fin fine, ognuno si ritrova, sfuggendo il caos degli Organic shop del West Village, o tuffandosi nelle luci loud di Times Square, rincorrendo Wall Street o fermandosi nel silenzio di Staten Island.
A mani giunte, a pregare il Signore.
Ancora una volta, ricostruiremo la nostra America.
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