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martedì 14 maggio 2013

Farewell


Happy Hour di arrivederci e almuerzos di despedita. Custodire Dc nel ricordo, abbracciandola  dalla collina del  Cimitero di Arlington, prima di perdersi in una festa ad Adams Morgan, e trascinarsi a casa in bici alle tre del mattino.
Cosa mi mancherà?
Il silenzio ovattato del fine settimana, l’ allegria soddisfatta dei caffè del venerdì, gli sguardi stupiti dei signori alla reception mentre me ne vado alle dieci di sera. E specialisti semi sconosciuti che condividono frammenti fragili, preziosi delle loro vite con te, giovanissima europea pseudo in carriera, arrivata da poco. Adesivi, forcine colorate e torte con frosting alla fragola per farmi felice.

Settimana pseudo tormentata, ultima chance per un nuovo lavoro, con la sensazione di non essere artefice della mia vita, l' anima piena di commozione, e gratitudine.
Molte persone mi han domandato perché voglio così tanto restare a DC. 
La maggior parte di loro crede che sia per il mio lavoro strapagato, che " lascerà un segno nel mio cv". Altri credono che sia per la bella città, o perché sono stata ammaliata dal fascino delle comodità della vita americana. 
Chi mi conosce davvero sa che non sono queste le cose che contano.
Voglio restare per i miei amici, per le persone meravigliose che in questi mesi mi han consolata, mi han fatto sorridere, mi han dato fiducia quando l’avevo persa, mi han camminato accanto e mi han resa felice.
Altre volte ho pianto, partendo.
Dopo  i sei mesi a Warwick, dopo l Erasmus a Lille, dopo i due mesi di India e dopo i sei anni a Roma ho sentito che sarei voluta restare, perché erano casa quei luoghi. Ma, come si dice “non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti1”.
"Piccoli pezzetti di cuore seminati nel mondo" come mi disse mio fratello tanto, tanto tempo fa.
Incrociando le dita, Farewell Dc.


1 Atti degli Apostoli 1,1-11.




lunedì 22 aprile 2013

New York

                                                                   New York, Williamsburg Bridge


Quasi maggio: un vento gelido passa irrequieto tra le maglie del ponte di Brooklyn.
New York ti prende l anima, la maltratta accogliendoti meretrice, fino a spezzarla per poi ricomporla a suo modo, frammentata in mille quartieri.

Da Brooklyn a Manhattan, sul ponte sole in faccia e musica forte, per scacciare i pensieri. Su fino alla 60th, rincorrendo Central Park, sognando a occhi chiusi, sotto un calore che ancora non c è. New york come un rifugio per senza dimora, specchiati nelle vetrine della 5th, e poi nascosti nei negozi di seconda mano di Bedford Avenue, e poi persi in un bar clandestino del Lower East Side.
Che a New York nessuno e solo, o forse, in fondo in fondo, tutti lo sono.
Immersi nei ricordi, in altre sensazioni, a parlare col passato per scoprire quanto cambiati siano i nostri occhi:  rimpianti e rimorsi, ancora una volta.

Come sei anni fa, sul Williamsburg Bridge.
Col vento freddo e il mio inseparabile ipad, ho guardato l' America e i miei nuovi orizzonti, soprattutto interiori.
Che poi, alla fin fine, ognuno si ritrova, sfuggendo il caos degli Organic shop del West Village, o tuffandosi nelle luci loud di Times Square, rincorrendo Wall Street o fermandosi nel silenzio di Staten Island.
A mani giunte, a pregare il Signore.
Ancora una volta, ricostruiremo la nostra America.





domenica 14 aprile 2013

Nel mio porto quiete

                   Washington, National Gallery of Art


Puzzle di pensieri di fronte a Monet, Seurat e ai Pre Raffaeliti, ringraziando il cielo che in queste giornate esistono i musei. Da 20 a 75 gradi fahrenheit in 3 giorni, di sera a picniquear ai cherry blossom, la notte sul dondolo in terrazzo.
Ci sarà una ragione per la quale tutti lodano il clima del bel paese.

In bici sulla sopraelevata, un padrenostro impaurita, a casa grazie ad uno sconosciuto: angeli che non abbandonano, neppure oltreoceano. Lotte contro il malocchio al bikesharing, guardando in cagnesco l americana smart e il suo ultimo dock: la prossima volta non aspetterò il verde. Asado e Pisco a Arlington, in una bella casa in mezzo alle foto di Matilde: si riposeranno mai i miei colleghi di lavoro?
Impegnarsi per il riciclaggio anche a Washington: "Solo un anello della catena"', che non scende a compromessi sui propri valori, proprio perché c e sempre chi ti ricorda che “nulla mai cambierà”.

Sto cominciando ad apprezzare le mie nottate in bianco, aiutano i pensieri.
Sono davvero pronta a cambiare il mio profilo su fb?
Quando imparerò a lasciarmi andare e divertirmi?
Ma voglio davvero solo divertirmi? E, se la risposta e no, saprò accettarne le conseguenze?

"Ti ho detto che non mi pìace la birra!"
Rimorsi o rimpianti, di fronte alle ninfee, ricordando Monet e un quadro da bambina...
E troverò anch io nel mio porto quiete.



lunedì 8 aprile 2013

Whatever happens tomorrow


                                                                                        Washington Dc


“E quando poi davanti a te si apriranno tante strade, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta.
Respira, aspetta, e aspetta ancora. E ascolta il tuo cuore,
Quando poi ti parla, alzati, e va dove lui ti porta”
                                                                                          - Susanna Tamaro-
                                                                                      Va dove ti porta il cuore

Sono fioriti i ciliegi a Washington.
E sembra essere definitivamente arrivata la primavera.
Seduta su un dondolo in terrazzo, la stessa pace inseguita in altri tempi, in altri luoghi: afferrata nella preghiera di un muezzin in un tramonto a Beirut, sfuggita nel caldo torrido della Giordania, ritrovata nei richiami lontani di una moschea di Calcutta, di fronte alla mia chiesa, lontana, dalla finestra.
E ora, qui, aspettando notizie dal cielo.

E intanto arriva, la primavera, inaspettatamente, in un soffio di fiori che richiamano frotte di gente: picnic, pallavolo, carrozzini e aquiloni di fronte al Tidal Basin, una lunga fila per i pedalò.
Non è forse questa anche casa?
Già troppo casa per non ricordarmi le belle sere di maggio, anticipate ad aprile a quanto sembra, col silenzio rotto da rumori lontani.

Ieri fuochi d’artificio, al ritmo di sacre musiche giapponesi. Per riportare la pace, insieme al sole di questo weekend di passeggiate, su una settimana intensa e difficile, più dentro che fuori.
Ho scoperto che finisce uno a zero per il mio egoismo quando fingo di voler accettare gli altri come sono, continuando a rimproverar loro le mie aspettative.
Ho tirato di nuovo i dadi in un’altra partita, anche se il risultato mi fa paura.
Ma stavolta non ho scelta.

E quasi notte...Shalom.
“Whatever happens tomorrow, pick up today”

martedì 2 aprile 2013

Oltre le nuvole


                                                              Bolsena, Italy

Pasqua.
Una chiesa aperta, vuota, buia nel suo silenzio ovattato, il verde  rumore della campagna intorno.
Come se non avessi mai smesso di ascoltare il mio cuore parlare con Dio, nella nostalgia di casa.
Un passaggio in stazione, gli amici di sempre al ritorno dai quattro capi del mondo, negli occhi cupole d oro e lezioni in college tra la nebbia, raccontando di paesaggi  latinoamericani, addolciti da dulce de leche  e Pan de queso.
Per tre giorni: mai abbastanza per ritrovarsi, sufficienti per salir in capo al monte e guardare giù, allontanando i fantasmi. 
Tra cioccolato, pastiere e pranzi di famiglia, trovando la forza per scalare la cima, per guardare l orizzonte aldilà delle nuvole. Trovando il tempo per tornare indietro, ai mesi che passano, alle conversazioni, ad ogni gesto accettato e regalato, nonòstante le distanze e gli attimi fuggenti.Trovando il coraggio per scavare in me stessa, guardando in alto come mi riesce solo nella campagna intorno a casa, o in qualche montagna sperduta dell India o nel mezzo di una risaia cambogiana.
Lontano dalle aspettative e dai desideri di DC.
Giorni fruttuosi, insomma.
Ora si torna, al lavoro, con la solita sensazione di aver cercato risposte e trovato domande, inseguito una strada e scoperto le tante deviazioni possibili.
Stanca ma felice, alla ricerca del mio pezzo mancante di puzzle, i piani B,C e D pronti da giocare, tentando di seguire i segni.

Mi han detto di chiedere, insistentemente.
E di non aver piu paura di ottenere quello che cerco. 

lunedì 25 marzo 2013

If you believe

Washington, Hirshhorn Museum

Ieri per la prima volta, ho guardato  la mia vita da un altra angolazione. Davanti a un paio di quadri di Mirò (in mostra gratuitamente in un dei quaranta musei di Washington) ho smesso di preoccuparmi delle forme e ho gioito per i colori.
Per una volta non ho cercato il disegno della mia vita nomade.
Oggi nevica, in questa semi primavera in attesa dei cherry blossom.

Diversa, come sempre, da quel che mi aspettavo. 
Ma mia: la mia possibilità oltreoceano. Nell' America delle strade accessibili, dei sogni e della semi libertà, in questa America dei bicchieri di vino solo col passaporto e delle banconote con scritto "In God We Trust", ma senza giorni di ferie per Pasqua.

Sempre in bilico tra felicità e impazienza, tra arrabbiature e riconoscenza: guardando le stelle dal planetario di un museo ho capito che un avvenire nebuloso non è poi così male.
"If you believe, you are a wizard enough" recitava il mago di Oz dall’alto di un mega schermo 3D. 
Saprò crederci abbastanza?




lunedì 18 marzo 2013

Oltreoceano


                                                                           Washington, Dc

Una barca in balia della tempesta, un’ Alice in una partita a scacchi senza regole: tra pioggia e neve, stenta ad arrivare la primavera, qui negli States.
Oltreoceano, si cerca di affidarsi, a fatica, tra applications, pranzi e cover letter, con un biglietto di ritorno in Italia e la voglia di restare qui. Si prova a comporre da soli la lista delle priorità, trovando il coraggio di uscire prima dal lavoro, perché una passeggiata con qualcuno venuto da lontano vale più dell’assurda pretesa di soddisfare se stessi.

Hanno acceso il fuoco stasera, in questa rowhouse sulla 13, tante carte riunite insieme davanti ad un bicchiere di vino. Un giro di notte ai confini, per abbracciare con gli occhi ciò che di solito non si vede, oltre il Mall, i centri commerciali e i monumenti, verso le strade ancora pericolose del South East.
Oltre il confine, anche se fuori fa freddo. 
E nuove guide all’orizzonte, mentre chi resta oltreoceano guarda stupito alla finestra.

Servirà? Torneremo?
Continueremo a lasciarci ammaliare dal richiamo di casa?

Ma è già tempo di rimettersi in cammino, sempre alla ricerca del nord, anche se il cielo è grigio e il sole stenta a spuntare.
Andrà come andrà, anche oltreoceano arriverà la primavera.

lunedì 11 marzo 2013

Your true North



Philadelphia, Us

"Non si parte mai quando si parte: si parte prima, molto prima"
Luoghi ormai cari e paesaggi stranieri in questo weekend assolato con un' ora in più.
Costruire: perché duri e sopravviva all’estate, o resista fino a cambiare, o si lasci dissolvere, trasportato dalle occasioni. Mai un ritorno senza  il peso di un assenza, per osservare meglio quello che resta. 
Tra déjà-vu e brandelli di sogni, ricordarsi di una conversazione, di notte, all’altro capo del mondo: un futuro di speranze bambine e una realtà di guerrieri. Resisterà fino all'estate?
E intanto si spera, in una "freedom for free " al ritmo di musica country,  da una collinetta assolata, il museo afro americano all' orizzonte: anche questa è America.
E poi un weekend a Philadelphia, tra murales, wine tasting e campane, tra gli scacchi del City hall e i cori del paddy day, inseguendo un rintocco immobile di libertà.
"Follow your true north": seminascosto nella vetrina ovattata di un negozio, per ora chiuso.
Ma arriverà l’estate.




lunedì 4 marzo 2013

Darsi tempo...prima della battaglia



Darsi tempo, per parlare con sé.
Cogliere l’occasione di descriversi e scuotere chi guarda, rabbrividendo di freddo, in questo wend di inizio marzo. Cogliere l’ occasione di parlare, per una volta non distratta dalle bandiere del Campidoglio, dalle strade larghe (ora deserte), dai cortili che abbracciano i tanti musei.
Darsi tempo per confondersi tra la gente sulla 14, senza perdere l’orientamento dopo 3 margarita al lost society, senza sentirsi sperduta anche se è notte e la luna non c’è, non più affamata dopo una jumbo pizza, rianimata dopo una passeggiata in collina.
Darsi tempo per sentirsi stanchi e per dormire fino a tardi, per non esserci sempre, per non essere sempre all’altezza. Darsi tempo per guardarsi, anche dove la luce non c’è, per accettarsi, né più né meno di altri, semplicemente diversi. E scoprire quanto è difficile capire, gli altri e il loro modo di essere, le tue amiche latinoamericane già ad aspettarti, mentre tu cominci ad arrivare in ritardo. E ci saranno sempre alcune cose che nessuno apple store potrà dare, e alcuni errori che nessuna  politica di resa acquisti americana potrà mai riparare.
Con i piedi per terra, e lo sguardo in alto, continuare a sperare, e a pregare…
Prima della battaglia.





lunedì 25 febbraio 2013

Carpe Diem


Un carpe diem sofferto, accolto controvoglia, cercando di gioire per le rose senza lasciarsi ferire dale spine. Quelle lacrime dopo 12 ore davanti al computer e la sensazione di non fare mai abbastanza, di non essere mai abbastanza. Tirarsi su, farsi forza,nell’abbraccio di chi non ti conosce  ma ti ricorda che andrá meglio, domani.
E poi l’altro lato di questa medaglia policroma : su un divano all’una di notte, una leffe in mano, a raccontarsi di tutto un pó prima di andare a ballare…Al centro de F, of course.
Svegliarsi con due messaggi di amiche ormai consolidate, correndo tra un compleanno a una cena da oscar e pedalini, ricordandosi lo scotch per i palloncini e dimenticandosi la mappa a casa (sará il caso di comprarsi l phone?). A far networking piú di un alkasetzer, riposandosi solo aspettando il bus, mentre, che bello, alle cinque non é piú cosí buio.
¨You get down in life…But there´s the chance to get up, higher, again¨.
Piú in alto, con i lego di un bimbo di Quattro anni, sorridendo.




lunedì 18 febbraio 2013

Nella tanto vasta America


                                                                                                    Chicago

In viaggio verso Chicago, a ricostruire legami in capo al mondo, a sistemare frammenti di vita zigzagando in una nuova città.
Weekend intenso per guadagnarsi la certezza che si può ricominciare.
Sempre.
Ammirando Chicago: bellissima, fredda, mutevole, come mutevole è la tanto vasta America. Chicago di parchi e vie larghe di negozi, di musei e centri d’arte, la grande Jatte di Seurat che scalda i meno dodici di questa domenica soleggiata, un tazo tea come alleato per resistere al freddo. Chicago delle casette di pietra di old town, della ruota del navy pier, della stuffed pizza da 1200 calorie a fetta, Chicago di amici di lunga data, visti dopo tanto tempo, in fretta, tra conversazioni strappate agli esami e all’ansia da sighseeing contro il tempo, amici che regalano preziosi pezzi della loro vita, per farti pensare a quanto bella è anche la tua.

Finalmente il coraggio di raccontarsi il futuro, quella valigia sotto il letto, sempre pronta, di tre mesi in tre mesi, senza sapere che lingua si parlerà quando arriverà l’estate, incrociando le dita perché i vestiti portati non siano abbastanza, che un’altra stagione passi prima di dover emigrare di nuovo.
Flessibili e pronti a tutto, ormai dietro le spalle la certezza di un futuro, riposta in un carrillon.
Troppo choosy per rinunciare ai propri sogni, schiavi di una vita in altri paesi, sempre in discussione, senza più domandarsi quando si tornerà a casa.
Oggi sashimi con tacos e diet coke, hablando in inglese senza più nemmeno domandarsi perché.

“No pasa nada Nati”
Su una pietra a guardare il mare, il lago pardon, ascoltando in silenzio, allargando il proprio cuore perché possa accogliere senza voler giudicare. Assonata, pur di cogliere attimi, preziosi, di vite altrui, riempiendo le distanze nello spazio di un abbraccio.
“Si riceve sempre quello che si dà”…


domenica 10 febbraio 2013

A gettare le reti




Domenica bella, di sole.
La testa piena di pensieri, a galla dopo una settimana lunga, sofferta, affogata dentro la musica forte del sabato sera.
Migranti dentro se stessi, vagabondi nel proprio mondo. In una lingua estranea, rinunciando a tante sfumature care, scoprendo altri sensi in questo nuovo gioco.
“Fammi capire, stai cercando di convincermi di qualcosa che va contro i tuoi interessi?”
Quel “never give up” guardato così tante volte in questi giorni, con gli occhi velati di rabbia,  domandandomi perché. Con la paura che tutto sia vano e la voglia di non mollare, fosse pure tra le lacrime, puntando  su quella goccia che un giorno cambierà il mare. Mormorando una preghiera, pensando ai semi e alle stagioni, alla speranza e alle battaglie, confidando nei granelli di senape, che crescono all’ombra di alberi molto più grandi di loro.
Oltre la riva, gli occhi fissi all’orizzonte , continueremo, guardando lontano, a gettare le reti.

Washington, Rock Creek Park

domenica 3 febbraio 2013

Per Sempre


Calcutta, Febbraio 2012

“Di notte o di giorno, che egli dorma o vegli, il seme germoglia e cresce.  
Come, egli stesso non lo sa” (Mc 4,27)

Pomeriggio di pieno inverno. Starbucks. Nevica fuori.
Calcutta, un anno fa. 
“Se la tua mano resta chiusa non potrà mai accogliere quello che il destino ha in serbo per te". Mi disse un’amica
Grandi cuori e piccoli gesti, negli occhi di chi ti vede da lontano, tutti i giorni, e in silenzio ha già capito chi sei. Legami senza tempo, aldilà delle distanze. Porte che si chiudono e strade che si aprono, opportunità accolte, sfuggite, o passate senza nemmeno degnarle di uno sguardo. Treni che corrono lontani e stazioni che si fermano nella memoria...Nel ricordo di qualcuno, forse chissà. 

“Che vuol dire Per Sempre?”
Mani chiuse e cuori aperti, ad accogliere qualcosa di diverso da ciò che si aspettava, lontano dalle aspettative e dai desideri di prima. 
Cercare il Regno, cercarlo per primo, senza stancarsi. 

“E tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.
In un luogo diverso, in un mondo diverso, lasciarsi trovare.


domenica 27 gennaio 2013

E adesso và...

                                                                Washington, Dumbarton Oaks

“E adesso và” disse il Gran Khan a Marco Polo, “vaga per le città del mio Impero, e fra tutte quelle che visiterai scegline una, e fa che diventi tua”.
A Dumberton Oaks, oggi, mi sono ricordata di una giornata di qualche anno fa, piovosa, a Buenos Aires, e di una assolata mattina d’aprile, a Montparnasse.
Altrove, in nessun luogo eppure in tutti, mi sono sentita a casa. Cambiata ma sempre uguale, in fondo in fondo sempre la stessa.
Un nuovo indirizzo sulla 13 e il mondo intorno che pian piano prende forma: i libri del salotto come vecchi amici, il mio cappuccino col cucchiaio, le imperdibili lezioni di zumba di Milagros e il caffè di columbia heights. E la lista dei locali si rimpingua, tra le patatine di Laughing Man, i tacos di Ceiba e le margaritas de El Centro. : venerdi sera allegro, a sparlare di (bei) colleghi, stanca, una Corona in mano, a ballare finchè gli occhi si chiudono.
Ho comprato il mio primo biglietto di teatro e sto pensando di concedermi un massaggio. Con tanti amici, meno angelo ma più realista, living social ma senza dimenticare me stessa.  Il Bid ormai come un rifugio, via sciarpa e guanti in ascensore, sussurrando “Buen Dia” prima di scendere al decimo.
… In una banca dall'altro capo del mondo, in un nuovo mondo sempre piu mio.
Finalmente ho smesso di chiedermi che forma abbia, questo sogno…


lunedì 21 gennaio 2013

America

Washington, DC


Si prepara, l’America.
Si prepara innalzando bandiere, dipingendo ritratti, attaccando spillette, continuando a sognare…Perché il mondo cambi.
Un presidente come un simbolo, una speranza collettiva, un modo per sentirsi uniti.
Le strade oggi deserte, come le nostre quando gioca l’Italia ai mondiali.
Il discorso di Obama da un bar di Columbia Heights, affollato come in un qualunque giorno di festa, salvo poi il silenzio, rapito, e in un istante tutti si girano, per ascoltare l’America parlare di sé.
“Life, Liberty, Pursuit of Happiness: we will seize it as long as we seize it together”.
Creati uguali, uniti per celebrare non un Presidente, ma una Nazione.
“God bless you, guys”. 
Obama sorride all’America, a questa America della gente di colore rivestita di magliette, cappelli, magneti di Lui, l’America dell’alta società del jet set di Washington, in doppiopetto e tacchi a spillo (dentro la borsa a mano), l’America degli Young Professionals di Capitol Hill, persi tra Happy Hours e inaugurational balls. L’America degli Ispanici di Columbia Heights, dei cinesi della 8th, degli Europei di Dupont Circle, dei festaioli di U street. l’America sfacciata a fare i conti col liberal market, i problemi dell’health care e delle Università, l’America dei sogni e delle possibilità.
…Così tanto lontana stavolta è l’Europa.

Do you really left your house key (con coltellino svizzero aggiunto) to be allowed to go in the parade and see the President?”. Mi chiede la security sconvolta.
Ebbene sì. I did.
Cosa non si farebbe per abbracciare un sogno…




domenica 13 gennaio 2013

"Porque a veces las cosas cambian..."




 “Porque, a veces, las cosas cambian”.
Una casa a metà, o scoprire l’altra metà di se stessi in una nuova casa.
Inviti insperati e sguardi commossi, dopo un silenzio carico più di mille parole.
Sorprendersi a sorridere, e a ricostruire se stessi, moltiplicando l’amore condividendolo.

Un’altra settimana di lavoro, sempre in bilico, in discussione, sorvolando a mezz’aria priorità e motori della vita, imponendosi di uscire in orari decenti, e di concedersi il wend. Una settimana di "limature" di lati spigolosi, di comprensione, di lunghe camminate nelle scarpe degli altri. Una settimana di scontri, chiarimenti, riavvicinamenti insperati, confessioni...E pesi tolti dal cuore.
Sentirsi inferiori, talvolta fuori luogo, troppo piccoli per trovare la strada, le vite degli altri alla finestra, a prendere direzioni definitive, e io a guardare, facendomi le carte tra domande, perplessità e passi incerti sul mondo.
Finalmente davanti alla “colazione dei canottieri”, dopo essersi regalati il Piccolo Principe, correndo indietro, perché non è mai troppo tardi per tornare bambini. E il mio puzzle prende forma, tra gallerie d arte e aperitivi, il vecchio corso di zumba e nuovi sorrisi, finalmente non più estranei, davanti agli ascensori.

Parece imposible, pero, a veces, pasa [1]”
Una felicità sottile e difficile da comprendere, impossibile da misurare come la profondità della pace, nel silenzio di se stessi, non più al riparo dei propri timori.

“Che ne sarà di me?”...Restano le domande, tante, sempre.
“Every day is a gift: take care and keep smiling.
And never, never, never give up”.


[1] Almudena grandes, “Atlas de geografìa humana”


sabato 5 gennaio 2013

Buon Cammino


                                                                                     Lago di Bolsena, Italia

Un silenzio che accoglie tutte le preghiere, anche quelle nascoste sotto la fragile, illusoria tranquillità quotidiana. Un silenzio che riscalda, come un amico ritrovato, mentre l’acqua cambia colore, irrimediabilmente, fallace presunzione di racchiudere sentimenti.
“Se l’animo non te li mette contro”.
“Mi mancherai”, un arrivederci sussurrato da chi non ti aspetti, in uno sguardo profondo, oltre tutte le distanze. Un abbraccio che unisce,  anche se il tempo è poco, ricordando un altro abbraccio, di qualcuno ormai ripartito. Legami che continuano, nonostante tutto. Due persone fatte l’una per l’altra, a rincorrersi senza mai trovarsi, sempre smarrite in angoli diversi della propria storia.
E si sorride, pensando alle priorità, ai legami, domandosi “se durerà”, in questa notte caldo amara, a raccontarci il futuro,  frugando trai ricordi, ricostruendo questi mesi lontani. Una chiesa vuota, candele e silenzio, dopo il rumore e il frastuono. Tempo di incasellare tasselli, prima di continuare il puzzle.
Ma è già ora di levare l’ancora verso le mie isole nella corrente, guardandole assonnata, ricordandole col pensiero attraversando i Fori imperiali, in una melanconia dolce di un pezzetto di vita nuova ma già parte della mia storia.
Ormai è quasi mattina, scompaiono le stelle in lontananza…
Tempo di ripartire: buon cammino.

sabato 29 dicembre 2012

Momenti felici...per illuminare l'inverno

Roma, piazza Navona

E poi torni, cambiato.
Occhi diversi, diversi giudizi, diverse emozioni, un diverso sguardo: hai imparato ad accogliere, diversamente. Tutto ormai nuovo, anche se mai cambiato: indistruttibile come un ricordo e accogliente come un abbraccio.

Piazza Navona sempre la stessa: stesso sorriso profondo di gialli palloncini su uno cielo rosa di sera, stessa gioia arrivando a casa, ridefinendo casa.
La cena di Natale e i discorsi di fronte al caminetto, le riflessioni sui massimi sistemi davanti ad una cioccolata inzuppata di “brutti ma buoni”, l’internazionale finalmente di carta e la gioia di ritagliare l’oroscopo, ritrovare il mio lago camminando lentamente in un giardino ormai quasi segreto. Un incontro inaspettato e il sapore d’inverno sull’Arno, cantucci e alberi di Natale.
 “Per due soldi un topolino mio padre comprò”: accento toscano e grezzezza romana.
Regali piccoli come un pensiero e importanti come l’affetto di chi ti conosce davvero, amici che aspettano, ricorrono, accolgono, a metà strada, per venirti incontro.
Amici che ascoltano e si preoccupano, leggendo sotto le preoccupazioni futili e le fragili garanzie sufficienti ai più.
Amici che ritornano, da tanto lontano o da dietro l’angolo, chissà perché.

“Per fare il frutto ci vuole il seme”. La bambina interrompe la sua canzone: stiamo per arrivare.
Oltreoceano, aspettando la primavera, con una valigia carica di momenti felici per illuminare l’inverno.





domenica 23 dicembre 2012

Verso casa...




Passano White Christmas alla radio: odore di cinnamon roll, di caffè e di Natale. Valige di regali, alberi, luci e decorazioni sopra le porte dei gates. Tempo di tonare a casa, a quella vera. Due mesi intensi come una vita, sfuggenti come un miracolo, metamorfosi nascosta dietro un biglietto d’aereo.
Quanto si può cambiare senza ingannare se stessi?
Quante e quali sfide accettare sul proprio cammino?
Mettersi in gioco, ricominciare, per caso o per fortuna. Differentemente, per gioco del destino.
Scoprirsi duri come la roccia e fragili come un castello di sabbia, mentre la marea si avvicina. Accettare i propri limiti e scendere a compromessi: con se stessi, soprattutto. Sorridere, ridere e ricominciare: ogni giorno di più, senza guardarsi indietro, con gli occhi aperti a tutto quello che verrà. E svegliarsi di colpo, scoprendo di aver già trovato degli amici, rendendosi conto che Dc non è poi così fredda e che Georgetown ricorda l’Europa.
22 dicembre,  2012. JFK: eight hours left.
Ora di tornare a casa, in tempo per Natale.

domenica 16 dicembre 2012

Abbracciando l'America


Passano i giorni e sempre più mi sento a posto, nel mio posto: in un'altra casa, diversa da  quella vera, ma sempre più mia.
Alcuni momenti duri, tanto lavoro e qualche arrabbiatura, ma si dimentica tutto dopo una chiacchierata con una nuova amica e una cupcake.
Ci si sente felici conoscendosi pian piano, scambiandosi saluti, modificando idee e cambiando punti di vista, coniando parole in spagnolo, inglese e francese, nella mia nuova famiglia del decimo piano, un mix di colombiani, peruviani, guatemaltechi, haitiani e spagnoli.
Un puzzle che prende forma attraverso i consigli, le rassicurazioni, gli aiuti di persone che mi conoscono poco, ma che già mi vogliono bene, mentre le giornate si riempiono tra alberi di natale, vagabondaggi prenatalizi e feste di compleanno.
Un pezzo di pizza per ricordarmi che è sabato e non rompere le tradizioni: oggi giornata di puro shopping, abbracciando l’America tra le buste colorate di un outlet. 
Sei giorni e si parte: il conto alla rovescia è cominciato…!