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domenica 9 febbraio 2014

Duc in Altum


C'è chi scappa in questi giorni d’inverno, chi fugge sul primo treno e chi lotta contro i vuoti da colmare.
C'è chi la guarda da lontano, la strada, e chi si stordisce tra i richiami del lavoro, della carriera, delle finte priorità,
dimenticando i sogni, ri prenotandoli per la prossima vita.
C'è chi nel futuro ci spera, e chi ci scommette rinunciando a se stesso. C'è chi le battaglie le combatte nei palazzi, chi nell’ ufficio sotto casa, chi lotta conto l’ inquietudine in un tram e
chi si batte tra tre lavori, cinque bollette e quattro ore di sonno immolate ai progetti.
C’è chi fugge da se stesso e chi non si è mai trovato, in quest’ inverno con la luce che aumenta, chi ha gettato la spugna e ha ceduto alla paura di ferirsi, rifiutando un affetto che sa di responsabilità.


Una città schiava del proprio passato, araba fenice senza fiducia nel futuro, persa e strappata lontano. Hub di progetti, sopra le stazioni e sotto le tangenziali, fuori dal mondo. Falsi profeti in patria e oasi in questi deserti urbani, ammaliati dall’ impresa dei sogni. Rifugiati, piccoli piccoli negli angolini di cuore degli altri, ad ascoltarsi oltre le voci, le aspettative del mondo, nell’unica casa vera che ci portiamo nel cuore, perché solo puntando al centro si volerà in alto.

Bisogna davvero andare in capo al mondo per essere felici?
Tu illuminali i sogni, prendi il largo.
Duc in altum.



There are those who run in these days of winter, those fleeing on the first train and those who fight for gaps to be filled.
There are those who look away from their road, and those who forget their journey between the calls of their job, their career, their fake priorities, chasing away their dreams, re booking them for the next life .
Some people keep a hope for a new future, others struggle for it now, in their offices, in their houses, racing against time, against their three jobs and their lack of time for their sacrificed life projects.
Some people try to fly away from themselves, others will never find their real selves, in this winter of increasing light.
rejecting a love that recalls an idea of responsibility.

Refugees in the hearts of others, we try to listen over the voices, over the expectations of the world, taking shelter in the only real home that we carry in our hearts, pointing to the centre in order to fly high.

Do we really need to go away in order to be happy?
Light up your dreams and take off .
Duc in altum.



martedì 17 settembre 2013

That's America



“Goodmorning everybody!”
Autisti che urlano tra megabicchieri di cocacola, Waffle house, Kfc, Subways e Mac Donald’s.
Il discorso di Obama per osservare l’America: un presidente come un simbolo, una speranza collettiva, un modo per sentirsi uniti.
 “Life, Liberty, Pursuit of Happiness: we will seize it as long as we seize it together”.

Obama sorride all’America, a questa America della gente di colore rivestita di spillette, cappelli, magneti di Lui, l’America dell’alta società del jet set di Washington, in doppiopetto e tacchi a spillo dentro la borsa a mano. l’America degli young professionals di Capitol Hill, degli Ispanici di Columbia Heights, dei cinesi della 8th, degli Europei di Dupont Circle, dei festaioli di U street. l’America sfacciata a fare i conti col liberal market, i problemi dell’health care e delle Università, l’America delle strade accessibili e delle possibilità, dei sogni e della semi libertà.

Questa America riflessa nelle strade di Washington, nella città del networking e delle lobby che contano, delle feste fino al mattino e dei silenzi dei fine settimana, delle skypecalls col wifi everywhere e dei negozi 24/7.  L’allegria soddisfatta del venerdì, tra saluti in francese e ordini in inglese, hablando spagnolo in questa città international. Due moijito e un giro in bikesharing, prima di parlare di democrazia con perfetti sconosciuti, glorificando il potere del marketing e la forza del networking. Nella città della Casa Bianca e dei centri di potere, dei bar gay e dei locali trendy, dei caffè simil bohemien e dei second-hand stores. La Washington di Adams Morgan e della sua musica fino al mattino, del Diner e del Coupe e dei loro tavolini all’aperto, di Perry’s e della sua terrazza sulla città, luci di Natale in un tramonto d’estate. Washington della Howard University e delle sue guglie bianche sul Caribe, delle feste latinoamericane di Mezze, dei BBQ a Georgetown e dei Ladies Nights al Centro de F. Città di transizione e di scelte di vita, di conoscenze superficiali e indimenticabili compagni di viaggi, di chi balla a notte fonda per strapparti un bacio e di chi riaccompagna a casa in silenzio, ascoltando un arrivederci.
"Piccoli pezzetti di cuore seminati nel mondo", in the pursuit of happiness in una terra straniera.