martedì 25 agosto 2015

In Cammino


Qual è la tua più grande aspirazione?” 
Questa è la domanda che mi ha portato a Santiago.

Ho sempre sognato di cambiare il mondo: per questo non ho fatto architettura ma scienze politiche, ho lasciato perdere il disegno e deciso che avrei fatto l’avvocato delle cause perse, come mi dicono tutti.
Quest’anno mi sono messa in cammino perché non avevo più chiaro come portare questo cambiamento. Ed ho capito che prima di far questo avevo bisogno di guardare bene dentro me stessa e di liberarmi dal peso di alcuni ricordi, di persone, problemi, aspettative non realizzate, di sollevare tutti quegli strati di insoddisfazione, rabbia e frustrazione che ero riuscita ad accumulare negli ultimi mesi.
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Il cammino di Santiago è un atto di fede: è camminare senza conoscere il percorso, senza booking, né guida, né wi-fi, affidandosi ad una freccia gialla, che ad ogni angolo indica la strada. E per una volta la precarietà non fa paura: diventa curiosità per quello che ci sarà dopo, anche se certe volte sale la rabbia quando i piedi fanno male e negli ostelli (che non possono essere prenotati) non c’è posto. Il cammino può essere fatto come ricerca personale, come vacanza, per conoscere persone nuove o per conoscere di più se stessi. I pellegrini vengono da tutto il mondo e sono di tutte le età: si svegliano alle 6 per camminare fino alle due, fino al prossimo ostello, dove fermarsi per la notte, cinque- dieci euro per un posto in dormitorio, uno stendino per i panni sporchi e tanti compagni per far quattro chiacchiere e condividere storie.
In questa quotidianità che diventa presto routine ho trovato pace, lasciando che la stanchezza, il silenzio del rumore dei passi vincessero la mia ansia, le mie angosce, le mie domande per il futuro. 
In questa quotidianità ho imparato a domandarmi : “Come sto? 
Cosa sento? 
Mi sento stanca, felice, Piena di energia? 
C’è qualcosa che mi turba? Perché?”  
Ho cercato di darmi risposte con sincerità, senza aver paura. 
Ho provato ad accettare i miei limiti e farci i conti, spiegandoli a chi camminava con me, che mi vedeva triste o preoccupata senza apparente motivo. Ho imparato a ringraziare per i miei compagni di cammino, e a sentire quanto grande è l’energia che riescono a darci quando siamo in difficoltà. Ho avuto la fortuna di avere una compagna di viaggio, Anke, che ha saputo sostenermi e supportarmi in punta di piedi, con l’affetto e la cura di chi ti aspetta quando rimani indietro.

Ho camminato in quei giorni con in testa il mio futuro e il mio lavoro con Ashoka, come portare appieno il mio contributo, in Italia o altrove. La voglia di cambiare le cose partendo dall’empatia, dalla compassione, dalla ricerca di nuove idee, caratteristiche che tanto amo in Ashoka, sul cammino hanno preso una nuova forma. 

Camminando e guardandomi dentro ho capito che l’empatia si acquista solo conoscendosi e accettandosi fino in fondo, che la compassione è il riflesso della disponibilità incondizionata ad aprirsi agli altri, e che per essere dei veri changemaker bisogna prima avere il coraggio di cambiare se stessi.

Detachment with love

Keep fighting for the world you want to see

Gracefully let go of all the things not meant for you

Queste le frasi del mio cammino, pronunciate da persone incontrate per strada, che hanno illuminato quello che stavo cercando, permettendomi di leggere in loro quello che volevo sentire.

Arrivata a Santiago, in una mattina piovosa, ho sentito che non era la mia vera meta, che il mio cammino era stato e sarebbe continuato ad essere la vera meta. Sono partita per Santiago con una domanda, ma quando sono arrivata, quando sono finiti i chilometri e ho smesso di camminare, quando è finita la strada, allora è cominciato il vero viaggio. In quella piazza persa nel nulla ho capito anche che la risposta alla mia domanda non è univoca e che cambierà nel tempo, e implicherà una serie di nuove decisioni e svolte. 

Le mie domande saranno sempre lì, che forse senza quelle domande Natalia non sarebbe Natalia: quelle domande e quelle preoccupazioni fanno semplicemente parte della vita, mia e di tanti altri. E la nostra storia di dolori, di gioia, di sofferenze, di successi, di perdite, di guadagni, di affitti, case, viaggi e stipendi, è anche la storia di tanti altri, che come noi passano attraverso le stesse difficoltà e le stesse preoccupazioni. Alcuni giorni sono pieni di gioia, altri di pioggia, ciascuno solo un momento di una storia più grande.
Ho capito che per cambiare le cose fuori dovrò prima continuamente mettermi in gioco dentro, restando fedele a me stessa, con il coraggio di accettare quello che sento nel profondo, e di accoglierlo senza giudicarlo, fuggendo da tutto ma non da me stessa, anche se questo dovesse significare andare controcorrente, lasciare il passato e abbracciare qualcosa che non conosco. Affidarmi. Far tacere i fantasmi dentro di me seguendo il ritmo lento dei miei passi. Ascoltare la mia voce interiore.

Mi rimane impressa un immagine: un bimbo e un nonno a bordo strada. Il bambino ci sente arrivare, si gira rapido, ci guarda, ci sorride dall’altra parte della strada. Poi alza la testa, si mette in punta di piedi e urla a pieni polmoni: Buen Camino!!!



domenica 7 settembre 2014

México (e nuvole)


Ciudad de México, DF, Distito federal, o semplicemente México: quel che resta, nella metro piena, in un vagone solo per donne, sono gli occhi che lacrimano, per lo smog e la nostalgia.

Mercati aztechi e simboli maya, il presidente Juarez e i sacrifici umani, la tenacia di Frida e la sfrontata verità del suo Sergio, di quel Riveira che negli anni venti nascondeva Trotzkji e urlava la rivoluzione, schiacciandola per sempre contro il muro del Palacio Nacional.

Tutto nei murales di Città del Messico, sussurrato negli occhi dei potenti, nella rabbia di una verità bifronte, oscurata (anche allora) dai mezzi di comunicazione, tra le falsi oasi del successo, di fronte alla morte senza risurrezione di una chiesa perduta.

Messico e nuvole, oltre tre piani celesti: lo Zocalo sorge su nove mondi sotterranei, incastonato tra chiese e templi aztechi, nel centro dell'universo maya. Sopra la metro, nel centro del Templo Mayor c'è Tenoclithan.


Messico senza nuvole, oltre la metro afosa del Distrito Federal,oltre gli umori di 22 milioni di persone che respirano la capitale, verso le carreteras in ginocchio, ad aspettare che gli indigeni tolgano le tende. Mexcal, tequila e tacos al napal, una musica dipinta di blu su una parete azteca,tra agavi e cactus, le direzioni in un richiamo di zucca per chiedere agli spiriti di far ritorno. Ci si affida alle bamboline vudoo e alle pozioni del Mercato della Sonora: l'angelo guaritore e il diavolo consolatore a braccetto, alla ricerca della felicità.


Messico e nuvole, “lejos de Dios, acerca del diablo”: all’orizzonte la "Bestia"  che rincorre il il sogno americano, dalla Baja California per alimentare i santi: sei colori per cinque candele, per le richieste degli abitanti di San Juan Chamula. 112 milioni di persone, 15 milioni di indigeni, 65 etnie in questo Messico che con gli scheletri ride, e sulle tombe festeggia con teschi di zucchero.
Anche noi moriremo un giorno, ridendo.

Messico e nuvole sopra la sabbia bianca di Tulum, tra miscelada e tabasco, tra tortugas y mantarallas: più dolce di un ricordo, duro come un addio quando il mare è in tempesta. 
Zanzare e tartarughe giganti socializzano nelle acque nitide di Isla Mujeres.

Anche questa e' libertà.



San Juan Chamula

Palenque

Lo Zòcalo, DF


Chiapas

domenica 22 giugno 2014

Corpus Domini


Un distacco di cielo, un crocevia di ricordi in questo giorno dell’anno.
Un anno fa le decisioni che credevo mie mi sfuggivano tra le mani, senza che potessi cambiare di un millimetro. E la rabbia, la disperazione, la mancanza, e poi la visione nuova, il nuovo perimetro di una notte non così buia. Non più.
“Sei felice adesso, sei felice davvero”.
Dicono che solo dall’alto delle montagne si guarda lontano, e solo dopo aver bevuto dal calice del silenzio si canterà davvero.

Corpus domini, ancora e ancora: in sottofondo le stelle e quell’aria tranquilla di un silenzio fecondo, su cui, sì, stavolta cadono davvero tutte le parole, quelle buone e quelle cattive.
Ma solo il grano dà il pane.
Ubi caritas et amor: cantandolo pensano ad altri lontani, sperando, pregando, amando anche per loro. 
Deus ibi est.



lunedì 17 marzo 2014

"Sulla montagna del silezio parlerò al tuo cuore"


"Sarà più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno di Dio" 

Una porta aperta che nessuno potrà più chiudere, nell'apocalisse di un rimprovero d'amore. La necessaria intransigenza nel proprio stile di vita, armati di un collirio per guardare alto. 
Alla ricerca del successo, del denaro, del potere: cosa muove la nostra vita?
Apparati esteriori che soffocano, contro una dimensione nascosta, che libera. Ravvedersi, ricordando l amore di prima: far memoria del proprio destino, dell'essere chiamati ad essere altrove. Ridimensionare i problemi e allargare gli orizzonti, nel rigore innovativo della profezia. E scegliere di cambiare, in una potatura frutto del discernimento.



"Ecco, ho aperto davanti a te una porta 
che nessuno può chiudere" 
(Ap 3,8)
La libertà vera dei no, una libertà fedele, 
che sceglie il silenzio per arrivare al cuore.





domenica 9 febbraio 2014

Duc in Altum


C'è chi scappa in questi giorni d’inverno, chi fugge sul primo treno e chi lotta contro i vuoti da colmare.
C'è chi la guarda da lontano, la strada, e chi si stordisce tra i richiami del lavoro, della carriera, delle finte priorità,
dimenticando i sogni, ri prenotandoli per la prossima vita.
C'è chi nel futuro ci spera, e chi ci scommette rinunciando a se stesso. C'è chi le battaglie le combatte nei palazzi, chi nell’ ufficio sotto casa, chi lotta conto l’ inquietudine in un tram e
chi si batte tra tre lavori, cinque bollette e quattro ore di sonno immolate ai progetti.
C’è chi fugge da se stesso e chi non si è mai trovato, in quest’ inverno con la luce che aumenta, chi ha gettato la spugna e ha ceduto alla paura di ferirsi, rifiutando un affetto che sa di responsabilità.


Una città schiava del proprio passato, araba fenice senza fiducia nel futuro, persa e strappata lontano. Hub di progetti, sopra le stazioni e sotto le tangenziali, fuori dal mondo. Falsi profeti in patria e oasi in questi deserti urbani, ammaliati dall’ impresa dei sogni. Rifugiati, piccoli piccoli negli angolini di cuore degli altri, ad ascoltarsi oltre le voci, le aspettative del mondo, nell’unica casa vera che ci portiamo nel cuore, perché solo puntando al centro si volerà in alto.

Bisogna davvero andare in capo al mondo per essere felici?
Tu illuminali i sogni, prendi il largo.
Duc in altum.



There are those who run in these days of winter, those fleeing on the first train and those who fight for gaps to be filled.
There are those who look away from their road, and those who forget their journey between the calls of their job, their career, their fake priorities, chasing away their dreams, re booking them for the next life .
Some people keep a hope for a new future, others struggle for it now, in their offices, in their houses, racing against time, against their three jobs and their lack of time for their sacrificed life projects.
Some people try to fly away from themselves, others will never find their real selves, in this winter of increasing light.
rejecting a love that recalls an idea of responsibility.

Refugees in the hearts of others, we try to listen over the voices, over the expectations of the world, taking shelter in the only real home that we carry in our hearts, pointing to the centre in order to fly high.

Do we really need to go away in order to be happy?
Light up your dreams and take off .
Duc in altum.



domenica 19 gennaio 2014

Keep calm and discern



"Cerchiamo di afferrare la prima cosa che troviamo, invece dobbiamo continuare a sperare e non stancarci: alla fine troveremo ciò che davvero ci rende felici"

Chi sono?
Dove voglio andare?
Cosa voglio dalla mia vita?
Disordine e movimento, sempre alla ricerca di altro: desideri detestati, tra emergenze e priorità, verità e completezza. Rifiutare i grigi e i compromessi, avere il coraggio di fare delle scelte, potando e sacrificando il superfluo.
Uscire dalle proprie sicurezze e affidarsi, mettersi in cammino, fare luce su ciò che davvero vogliamo, liberandoci da quello che gli altri vogliono per noi, senza lasciarci abbattere, senza lasciare che i sensi di colpa o le sconfitte ci facciano smettere di credere e di sperare. Senza lasciare che la nostra voglia di facile ci spinga a scegliere la via più breve.

Vivere nel parziale o trovare il coraggio di scegliere il completo, in una nostalgia della pienezza che vince i compromessi. Ed ecco un armonia dai contorni imprevisti e inaspettati, nella coerenza di un progetto che va aldilà delle deviazioni momentanee, ma talvolta necessarie.

Basti a te stesso?
Sullo sfondo un ricordo, di un affetto incondizionato, nella convinzione che "solo ciò che è donato e' tuo per sempre".


“E ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore”.
Keep calm and discern



"We always try to grab the first thing we find. Instead, we must continue to hope and not get tired to fight: at the end we will find what really makes us happy "

Who am I?
Where am I going ?
What do I want from my life ?
Disorder and movement, we always look for something else. Detested desires and emergencies, priorities and projects. truth and completeness. Reject the greys and compromises, find the courage to choose, sacrificing what’s superfluous.
Get out of your safety and believe, walk on your own way, and shed light on what you really want, freeing yoursdelf from what others want for you.
Don’t let them break you down, or your guilts stop you and loose hope.

Seek fullness and reject compromises, in a harmony unforeseen and unexpected, in the coherence of a project that goes beyond the momentary diversions.
A memory in the back of your mind: an unreseved love, believing that “only what is given it’s yours forever".
"And I will take you to the desert and speak to your heart."
Keep calm and discern

domenica 12 gennaio 2014

Coraggio


 
"E’ il quasi che mi disturba, che mi intristisce,

che mi ammazza portando tutto quello che poteva essere stato 
a non è stato.


Basta pensare alle opportunità che sono scappate tra le dita,

alle idee che non usciranno mai dalla carta

per questa maledetta mania di vivere in autunno.


Mi chiedo, a volte, cosa ci porta a scegliere una vita piatta;
o meglio, non mi chiedo, contesto.

La risposta la so a memoria,
Avanza vigliaccheria e manca coraggio perfino per essere felice.
La passione brucia, l’amore fa impazzire, il desiderio tradisce.
Se la virtù stesse proprio nei mezzi termini, il mare non avrebbe le onde, i giorni sarebbero nuvolosi
e l’arcobaleno in toni di grigio.

Il niente non illumina, non ispira, non affligge, nè calma,
amplia solamente il vuoto che ognuno porta dentro di sè.
Non è che la fede muova le montagne,
nè che tutte le stelle siano raggiungibili,
per le cose che non possono essere cambiate
ci resta solamente la pazienza,
però, preferire la sconfitta anticipata al dubbio della vittoria
è sprecare l’opportunità di meritare.

Per gli errori esiste perdono; per gli insuccessi, opportunità;
per gli amori impossibili, tempo.

A niente serve assediare un cuore vuoto o risparmiare l’anima.

Non lasciare che la nostalgia soffochi, che la routine ti abitui,
che la paura ti impedisca di tentare.
Dubita del destino e credi a te stesso.

Spreca più ore realizzando piuttosto che sognando,
facendo piuttosto che pianificando, 
vivendo piuttosto che aspettando
perchè, già che chi quasi muore è vivo,
chi quasi vive è già morto."

- LUÍS FERNANDO VERÍSSIMO -