domenica 25 agosto 2013

Catarsi



"Ma a te cosa piace fare davvero?"
La voce di un amico un paio di settimane fa, dopo due tequila e una lunga chiacchierata esistenziale.
Risuona.
Risuona dentro, assieme alle parole di Melissa, che stasera mi ha detto: “Porta pepsi via con te: ti farà compagnia".

Una settimana di vagabondaggi tra gli uffici dello State Department e dell’immigrazione, sentendomi persa, sentendomi inutile, oscillando tra l’incredulità per le complicazioni dell’essere straniero e la riconoscenza verso tutti quelli che, di qualunque paese sia il tuo passaporto, continuano ad aiutarti, chi con una traduzione, chi con un nome da cui recarti, chi con un semplice sorriso.
Una settimana di pensieri, come se non finissero mai, di riflessioni e attese, e spiegazioni contro la corrente, decifrando i segnali che virano oltreoceano.

Melissa ha sei anni, è una delle due bambine a cui faccio da babysitter; Pepsi è il suo peluche preferito, un cane bianco che muove le orecchie. Tornando a casa questo sabato, la prima volta alle undici dopo tanti weekend conclusi al mattino, ho pensato a quelle cose che avranno sempre più importanza di qualsiasi curricula, dei mega stipendi, delle case a Georgetown e dell’ammirazione altrui.

E' giusto inseguire i propri sogni?
O ci si dovrebbe accontentare delle piccole grandi felicità che troviamo per strada?
Continuare a ricercare un cammino o comprendere che esistono tanti tipi di felicità?
Sto pensando di scommettere su quel "se non ora quando", sulla voglia di ascoltare le proprie speranze, permettendo loro di vincere contro la paura di fallire, sfuggendo la nostalgia nella terra delle mille possibilità, dove ogni traguardo sembra raggiungibile.
Così quel pezzettino di cuore cresce, seminato in questa terra d' America, anche se fuori c’è chi ti giudica pazza, o visionaria, e chi semplicemente non conosce, e non sa nulla di una multiforme felicità appagabile in tanti modi diversi. Sferzate di parole di chi non capisce il tuo eterno vagare di luoghi, cose e persone, in una catarsi di pensieri difficile da comprendere ai più, schiava di quelle passioni che ti dicono “non mollare”.

Dall’altra parte del mondo per trovare se stessi, per capire cosa si vuole, e che si può ottenerlo, o almeno vale davvero la pena provarci.
“Otteniamo sempre la felicità che ci concediamo” mi ha detto qualcuno.

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